Al Roland Garros

“Oh, che emozione! Lupetin in aerostazioneeeee!.”
Alaska è particolarmente ispirata quest’oggi.
Mentre i migliori tennisti al mondo si sfidano sulla terra rossa del Roland Garros, i Siberian Huskies incedono con passo lupino per le strade del quartiere latino.
Alaska avrebbe tanto voluto candidarsi al Roland come raccattapalle. Un buon compromesso per vedere da vicino gli atleti e per mettere in mostra la coscia nell’atto di allungarsi per prendere la pallina.
“Prendi la pallina, neh!”, dice Alaska, imitando quanto avrebbe detto al tennista di turno.
“E sgancia giù un ace!”, completa Yukon di rimando.
A entrambi piace il tennis. Seguono sempre le partite più importanti.
“Un’occasione buona per dormire beata, come una lupina appena nata.”, commenta Alaska.
“E pure io me la sdraio perché, come già sapete care barboncelle, il vostro Yukon non è fatto per correre, è fatto per amare.”
Alaska lascia passare questa osservazione fatta con accortezza lupina. Yukon è sincero. Non ha le movenze di Togo; non è fatto per la velocità, in compenso ha parecchia resistenza.
“Testata sulle Alpi francesi. Te sparo da valle a cima in sole sedici ore e mezza. Niente crampi né impedimenti. Solo nun deve mancà l’acquetta fresca della borraccia e un paio di salamelle.”
“O un trancio di salmone.”, aggiunge Alaska.
I siberiani esploratori la sanno lunga.
“Andiamo al Roland Garros?”, chiede Alaska.
“Non fanno entrare gli huskies.”
“Perché son dei p…”
Alaska!
“Alaskina, devi accettare che non puoi entrare dappertutto.”, le fa notare Iris, accarezzandola sotto il mento.
“È inutile che mi fai il grattino, neh. Gli organizzatori del Roland Garros sono proprietari di gatti, per questo non ci fanno entrare.”
“Alaskì, nun esse arrabbiata. Non fanno entra’ nemmeno le barboncelline.”, la consola Yukon.
“E nemmeno i gatti.”, aggiunge Dave.
“Perché hai tutta questa smania di andare al Roland Garros?”
“Perché voglio mostrare i miei bellissimi fianchi in mondo visione, per l’invidia di milioni di gatti che assisterebbero impotenti.”
Ha proprio un bel carattere Alaska. Yukon le si avvicina e la riempie di baci.
“Te pettino, Alaskì. Sei bella, più bella della barboncella viola.”
“Che non esiste.”, precisa Iris.
“Io sono Alaska, she’s like the wind. Trentacinquesima figlia del Marlytuk Kaliya Destry; stessa linea di sangue di Togo, ventottesima generazione.”
“Ben detto, Alaskì. E anch’io posso dire la stessa cosa dato che er mi babbo è lo stesso.”
“Lupini veri, lupini fieri.”, esclama Alaska, guardando i riflessi dorati del sole sulle acque della Senna.

Poi, all’improvviso, si risveglia dall’incanto e si volta verso Puti, la sua mamma glabra.
“Beh, se non al Roland portaci almeno al Bois de Boulogne.”
Iris guarda i siberiani e scambia un cenno d’intesa con Dave.
“Nel sedicesimo? No cari! Neanche coi biglietti gratis.”
Ecco la vocina appassionata della guida parigina. Ma chi sarà mai?
“Dai dai, neh! Ci sono prati e viali.”, dice Alaska.
“Ottocento quarantasei ettari di alberi e laghi e giardini colmi di barboncine coi boccoli ondeggianti alla leggera brezza di primavera.”, rincara Yukon.
“E tronchi su cui arrampicarsi in compagnia di scoiattoli e canarini.”
“Dal 1527.”
“E va bene, abbiamo capito. Prendiamo la metro e andiamo al Bois de Boulogne.”, afferma Iris con cristiana rassegnazione.

L’annuncio riempie di gioia i siberiani.
“Dai, neh. Anche oggi bisboccia. I pesci in riva al lago sono miei. Faccio la pesca al lup.”
“E io mi metto in tiro per le barboncelline.”

C’è proprio da dire che con i siberiani non ci si annoia mai.

Alaska, prima di prendere le scale della metropolitana insieme al resto del gruppo, si ferma un istante. Tende il collo, allunga le orecchie e punta in direzione dello Philippe Chatrier.
“Questa volta vi va bene, neh. Ma l’anno prossimo in finale ci va la vostra lupa!
Roland Garros, arrivo!”.